TEX​<T>ERE

GALLERIA DELLE LINGUE | TERZA EDIZIONE 
​18 - 29 NOVEMBRE  2024, BOLZANO
GALLERIA DELLE LINGUE
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Progetto e coordinamento di Adel Jabbar
Mostra a cura di Giusi Campisi e Adel Jabbar 

Artiste: Daria Akimenko \ Alejandra Deaza Silva \ Lea Lausch \ Jasmin Soraruf \ Biljana Stefanoska \ Martina Stuflesser


Assistenza tecnica: Mimmo Cuccia
Video: Lorenzo Danieli
​Foto credits: Pierina Rizzardi, Ayana Plattner, courtesy delle artiste, curatore.


Promosso dall’Associazione ART APS
Con Il sostegno dell’Ufficio bilinguismo e lingue straniere - PAB della Provincia autonoma di Bolzano
Si ringraziano:
Biblioteca delle Culture del Mondo, Teatro Cristallo, Filmclub Cinema Capitol
KULTURHEIM
Gries, via Fago 
45/C
ANTEPRIMA
Venerdì 15 novembre h. 20
Presentazione del progetto con le artiste e il team curatoriale
Concerto con Ilaria Iaquinta, soprano e Giacomo Serra, pianoforte

ESPACE LA STANZA 
Bolzano, via Orazio 34a
18 \ 29 novembre
lun\ven h. 17 \ 19

MOSTRA
Daria Akimenko \ Alejandra Deaza Silva \ Lea Lausch \ Jasmin Soraruf \ Biljana Stefanoska \ Martina Stuflesser 

INAUGURAZIONE
Lunedì 18 novembre h. 18
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FINISSAGE

Venerdì 29 novembre h. 18

TEATRO CRISTALLO FOYER
Bolzano, via Dalmazia 30
18 \ 29 novembre
INSTALLAZIONE
​Lea Lausch

CONVERSAZIONE TEX<T>ERE:
connessioni linguistiche

Martedì 26 novembre h. 18

​FILMCLUB CAPITOL
Bolzano, Via Dr Josef
Streiter 8/D
18 \ 29 novembre
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INSTALLAZIONE
Daria Akimenko \ Alejandra Deaza Silva \ Lea Lausch \ Jasmin Soraruf \ Biljana Stefanoska \ Martina Stuflesser ​
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Da bambina quando vedevo mia nonna rammendare [...] le dicevo:
‘Queste lenzuola sono scritte’ e lei mi diceva ‘Leggile’.

Maria Lai

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La mostra "Tex<t>ere", esito del progetto laboratoriale Galleria delle lingue curato dal sociologo Adel Jabbar, rappresenta un percorso corale e riflessivo sul tema della coabitazione culturale e linguistica. Il laboratorio, alla sua terza edizione, ha coinvolto sei artiste e designer residenti in Alto Adige – Daria Akimenko, Alejandra Deaza Silva, Lea Lausch, Jasmin Soraruf, Biljana Stefanoska e Martina Stuflesser – provenienti da diversi contesti linguistici, invitandole a lavorare collettivamente su una questione che riguarda le dinamiche sociali della convivenza.


Il titolo della mostra, "Tex<t>ere", gioca sulle radici latine della parola "texere", che significa "tessere" o "intrecciare", ma richiama anche il concetto di "comporre" nel contesto della scrittura. L'inserimento della lettera "T" tra parentesi richiama la parola "Text", ovvero "testo" sia in inglese che in tedesco.
Questo gioco di parole sintetizza il nucleo della mostra, che esplora la relazione tra tessuto e linguaggio, tema centrale del laboratorio che ha prodotto le opere, esposte in tre diverse sedi a Bolzano – Espace La Stanza, il foyer del Teatro Cristallo e l’atrio del Filmclub Capitol. Le artiste hanno trasformato la riflessione sul concetto di lingua madre e sugli scambi linguistici tra individui e comunità, in un'esperienza visiva e materica, utilizzando il tessuto come metafora e medium artistico per esplorare le connessioni tra le persone, le lingue e le culture.


La tessitura possiede una forza semantica, simbolica e metaforica che rimanda alla scrittura nella sua valenza di segno. I gesti del tessere, cucire e ricamare richiamano un processo simile a quello della scrittura: così come la scrittura si articola in un sistema di segni organizzati per generare senso, i fili intrecciati generano trame di significato. Ogni trama di tessuto, come ogni frase, è il risultato di un accumulo di gesti ripetuti, una progressiva costruzione che conduce a un’espressione di significato. Come ciascun testo scritto riflette il contesto linguistico, storico e sociale del suo autore, esprimendo idee, emozioni e visioni del mondo, così ciascuna creazione tessile diventa una rappresentazione dei rapporti sociali e delle esperienze di chi l’ha realizzata.


La mostra "Tex<t>ere", con la sua dislocazione in luoghi pubblici accessibili e un programma di incontri, si propone non solo come un’esposizione di arte visiva, ma come uno spazio di riflessione condivisa. Le artiste mostrano come i linguaggi collettivi possano essere declinati al singolare, per tornare alla comunità, stimolando discussioni e nuove prospettive su temi di coesistenza e scambio culturale. 

Nell'atrio del Filmclub Capitol, l'intervento è contestualizzato in relazione al linguaggio cinematografico. Il cinema, con la sua capacità di narrare storie, diventa un mezzo ideale per esplorare le complesse relazioni tra persone provenienti da paesi diversi. L'installazione, situata lungo l’americana dell’atrio del cinema, è composta da sei “stendardi”, ognuno realizzato da un’artista e ispirati a un film specifico che tratta temi di relazioni interculturali e migrazioni. Per approfondire, nell'ambito dell’installazione è a disposizione del pubblico un elenco di film legati ai temi reperibili presso i centri culturali cittadini come il Centro Trevi e la Biblioteca delle Culture del Mondo.


Nel foyer del Teatro Cristallo, luogo deputato dell’esperienza corale, radicato nella cultura e nelle tradizioni delle comunità, l'opera di Lea Lausch si presenta come un trittico su tela di diverse dimensioni. Al centro c'è un grande arazzo che si espande visivamente attraverso il ricamo di cerchi colorati, simboli di continuità e integrazione. L'aspetto partecipativo è un pensiero centrale dell'opera: i visitatori sono invitati a intervenire direttamente e a esprimersi aggiungendo nuovi segni e forme su una delle tele. Il tessuto è dunque in continua evoluzione, spingendo chi osserva a prendere coscienza dell'importanza del contributo collettivo e della possibilità di creare insieme uno spazio inclusivo, dove le differenze non solo convivono, ma si arricchiscono reciprocamente. Per l’artista, il trittico rappresenta un quadro dell' incredibile diversità non solo delle lingue, ma anche dei linguaggi, che vengono concepiti come qualsiasi forma di espressione e trasmissione, strumento e mezzo per comunicare le soggettività uniche e individuali.


Negli spazi dell’associazione La Galleria Espace La Stanza, tutte le artiste presentano opere realizzate appositamente per la mostra, tranne quelle di Martina Stuflesser, che presenta due lavori scelti per rappresentare la sua peculiare poetica. Il tessuto, nel lavoro di Stuflesser, si trasforma in un medium carico di significato, su cui vengono ricamati elenchi che testimoniano la problematica realtà contemporanea, tentando di restituire dignità e memoria a ciò che rischia di essere dimenticato, sono elenchi di nomi di donne: quelle che hanno segnato la storia, il mito o la letteratura, e le vittime di femminicidio in Italia nel biennio 2021/22.
Daria Akimenko propone una riflessione sulla rappresentazione e sulla memoria, elevando lo scarto e l'oggetto ritrovato a materia espressiva e narrativa. Partendo dalla riflessione sulla lingua madre, l’artista presenta tre opere che esplorano la lingua come uno spazio interiore in cui le tracce dell'infanzia vengono rielaborate in mappe di una geografia immaginaria personale. Akimenko evidenzia come la memoria non sia un archivio oggettivo di eventi passati, ma un processo dinamico e complesso che si intreccia con l'immaginario, formando una rete di significati, emozioni e narrazioni personali. 
Con l’opera "Aracne", Alejandra Deaza Silva invita a riflettere sull'idea di sovrastruttura: il modo in cui costruiamo identità e narrazioni, in particolare in relazione a un cambiamento di contesto culturale e linguistico. L’installazione è formata da una abito-scultura realizzato con una serie di tecniche di manipolazione tessile e un audio, risultati dalla sovrapposizione di strati di tessuto e di voci differenti, che rimandano all’insieme di strutture di pensiero, sistemi di valori e credenze che modellano il modo in cui gli individui percepiscono e interagiscono con il mondo.
Seta, lino, lana e cotone riciclato, sono i diversi materiali tessili sia di provenienza animale sia vegetale, che si intrecciano in una particolare lavorazione per formare la scultura aperta e fluida di Biljana Stefanoska.  È un'opera che propone un interrogativo sul cambiamento, sulla crescita, sulla resistenza e sulla trasformazione che avvengono nel contatto con le diverse lingue. Partendo dalla considerazione che la lingua non è solo uno strumento di comunicazione, ma una continua creazione di mondi, questo lavoro rappresenta una forma di viaggio alla scoperta del rapporto personale con le lingue, caratterizzato da un profondo senso di interconnessione, in cui la trasformazione è reciproca.
Il linguaggio è anche un sistema di significanti che non può mai rappresentare pienamente il significato. Le parole diventano strumenti inadeguati per descrivere l'esperienza umana, e il "buco" nel linguaggio riflette l'impossibilità di articolare pienamente il pensiero e il sentimento. Jasmin Soraruf elabora tre opere mixed media che invitano a considerare la mancanza non come un vuoto da riempire, ma come un elemento costitutivo che dà forma alla nostra esperienza e alla nostra interazione con il mondo.
Le due tele di Lea Lausch sono composizioni astratte realizzate con la tecnica del ricamo su materiali recuperati, e
 rimandano al suo intervento nell'atrio del Teatro. In galleria sono esposti tutti i bozzetti originali degli stendardi realizzati per l'installazione al Filmclub Capitol.

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Adel Jabbar
Appassionato di storia e geografia approdato alla sociologia per comprendere la dinamica dell’agire umano in rapporto allo spazio e al tempo. Questa passione lo ha condotto a fare ricerca nell’ambito dei processi migratori e della comunicazione interculturale. Libero docente e collaboratore di istituzioni accademiche nell’ambito del pluralismo culturale e religioso. Ha insegnato in diversi atenei e ha partecipato a diverse ricerche e numerose pubblicazioni nell’ambito dell’immigrazione. Redattore della rivista “Il Cristallo” (BZ). Curatore di molteplici eventi cinematografici e artistico-letterari. Collabora con diversi enti istituzionali e della società civile nella progettazione e realizzazione di percorsi di studi e formazione alla transculturalità, alla partecipazione e alla cittadinanza.
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Giusi Campisi
Nata a Torino, dopo il diploma in Scenografia ha lavorato in teatro come scenografa e costumista. Dal 1997, con la fondazione del collettivo artistico Suzie Wong Project, inizia una serie di collaborazioni con artisti e non, coinvolti dalla fase di progettazione alla produzione degli interventi e delle opere del gruppo; questo approccio rappresenta una costante del suo lavoro, dando origine ad un insieme di opere progettate nello spazio sociale e a questo restituite per una fruizione che è parte dell'opera stessa. Ha co-fondato il gruppo GAP e Museo Wunderkammer,  i progetti Waiting room residency e il progetto editoriale Paginaotto. Collabora con istituzioni e realtà indipendenti per ideare e realizzare attività culturali. ​
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Daria Akimenko
Daria Akimenko è nata in Unione Sovietica, cresciuta in Russia, ha vissuto per un periodo nella Lapponia finlandese e attualmente risiede nel Nord Italia. È una ricercatrice interdisciplinare, artista, curatrice e produttrice. Laureata in Interior Design all'Accademia Statale degli Urali di Architettura e Arte a Ekaterinburg, Russia, è PHD in Arti presso l'Università della Lapponia, Finlandia.
La pratica artistica di Daria si orienta verso i media del collage e della poesia
visiva, lo studio della forma femminile, la pittura con il caffè, nonché fotografia
e video. Nel 2023 ha completato una sfida auto-imposta di pratica quotidiana della durata di un anno, documentata su una pagina Instagram dedicata (@akimenko.art). Pubblica sporadicamente una fanzine cartacea semi segreta che può essere scoperta su una panchina della stazione o su un tavolino di un caffè. Daria ha curato mostre e festival, guidato collaborazioni europee, lavorato nel campo delle industrie creative in Alto Adige focalizzandosi sulla restituzione del valore al lavoro creativo e culturale. Attualmente lavora presso Helios
Sustainable Films come junior producer di documentari creativi sui temi sociopolitici e ambientali. È membro di FAS - Film Association South Tyrol.
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Alejandra Deaza Silva
Alejandra Deaza Silva è una designer di moda e costumi con una forte passione per l'eco-design. Nata a Bogotá, Colombia, si è trasferita a Bolzano durante un freddissimo inverno del 1999. Dopo la laurea in Design Industriale presso l'Università Libera di Bolzano, ha ottenuto una menzione d'onore al Lucky Strike T. Designer Award per la sua tesi sulla reinterpretazione dell'abito nuziale. Successivamente, Alejandra ha conseguito il titolo di modellista per moda e costumi, accumulando esperienze nell'industria della moda, sartoria, teatro e cinema, sempre ispirata dalla passione per la sartoria trasmessa da sua nonna, una sarta professionista.
La sua carriera ha preso una svolta importante dopo la nascita della sua seconda figlia, quando ha deciso di fondare il proprio brand di moda. Nel febbraio 2023 ha aperto il suo atelier, avviando ufficialmente il suo marchio. Attualmente, Alejandra si dedica a progetti di moda responsabile, utilizzando materiali naturali e di recupero pre e post-consumo, e sperimentando temi come la moda trasformabile, unisex e l'upcycling.
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Lea Lausch
Lea Lausch nasce a Bolzano nel 1992, fin da giovane ha perseguito uno stile di vita lento e consapevole fatto di viaggi in treno o in nave e di acquisti essenziali cercando scegliere quando possibile prodotti locali e stagionali.
Il suo sguardo curioso e affascinato sulla natura la accompagna ancora oggi, e il profumo delle pagine di alcuni libri continua a suscitare in lei una sensazione di calore e benessere.
Ha sempre trovato il modo di esprimere con le sue mani questa sensazione di abbondanza e bellezza.
Da sempre sente il bisogno di creare qualcosa di tangibile partendo dalla sua visione del mondo, si esprime attraverso suoni, quadri, oggetti in legno, cibo, cura delle piante e da qualche anno crea vestiti e accessori.

Dopo aver interrotto gli studi di filosofia a Friburgo, è tornata a Bolzano dove ha lavorato per un lungo periodo nel settore della cura e dell' educazione, per sei anni ha insegnato in una scuola Montessori dove ha conseguito anche una formazione per bambini tra i 6 e i 14 anni. Con una crescente passione per l'arte della sartoria, nel 2020 ha trovato il coraggio di avviare la propria attività con il progetto tessile "Gel Zun". Il senso e l'obiettivo di questo progetto è offrire un'alternativa alla moda veloce, sprecona e altamente inquinante. È partita come autodidatta e tuttora impara nuove tecniche realizzando tra l'altro capi su misura e piccole opere d'arte col cucito, per i suoi lavori utilizza esclusivamente materiali riutilizzati e accuratamente selezionati, per creare qualcosa di nuovo, dei pezzi unici con una storia propria e un valore speciale.
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Jasmin Soraruf
Nata da madre cinese, originaria di Luo Yang, e padre ladino di Canazei, in Val di Fassa, la sua vita è una sintesi di due culture e mondi sicuramente distanti e apparentemente opposti. Questa commistione di tradizioni e lingue ha sempre alimentato la sua curiosità e sensibilità, diventando una fonte di ispirazione costante sopratutto a livello artistico.
Cresciuta tra le montagne della Val di Fassa, ha respirato l’atmosfera della cultura ladina fin dall'infanzia, mentre le radici cinesi della madre hanno introdotto nella sua vita un mondo ricco di storia e valori millenari. È proprio in questa crocevia culturale che si è sviluppata la sua passione per l’arte, in tutte le sue forme: dal disegno alla pittura, dalla grafica al design. Fin da bambina, il linguaggio visivo è stato il suo modo preferito di esplorare e comunicare il mondo.
Dopo aver completato gli studi al liceo classico, ha scelto di continuare il suo percorso formativo a Milano, dove frequenta ora la facoltà di design della comunicazione al Politecnico.
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Biljana Stefanoska
Nata in Macedonia, che in senso figurato rappresenta mescolanza di elementi eterogenei, sembra che proprio questo sia il suo "marchio di fabbrica". L'amore per la diversità, culturale e linguistica e la passione per l'artigianato, l'arte e il design hanno lasciato un impronta importante nella sua vita.
Formata in diplomazia e relazioni internazionali con specializzazione in comunicazione interculturale, negli anni ha acquisito esperienze lavorative in diversi ambiti culturali. Le lingue sono state sempre al centro del suo interesse, sia professionalmente che personalmente. Dal 2012 inizia la sua attività nell'artigianato tessile, finalizzata alla produzione di abbigliamento, accessori e oggetti realizzati con materiali di fibre naturali; lana, seta e lino in prima linea e partecipa ai mercatini artistici in Alto Adige.
Dal 2017 si dedica al design di abiti e accessori, spesso utilizzando la tecnica upcycling. Ha ideato il progetto artistico-artigianale Artikult, il negozio pop-up itinerante.
Amante della danza contemporanea e dello yoga.
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Martina Stuflesser
Martina Stuflesser è nata in Alto Adige, Val Gardena in un contesto multilinguistico. Frequenta la Scuola d’Arte di Ortisei e il Magistero d’Arte a Firenze. Vive e lavora a Bolzano e Val Camonica. Ha insegnato in varie scuole in Alto Adige. Vecchie stoffe tessute a mano, cucite, sbiadite, consumate dall’uso quotidiano sono la base sulla quale fili di cotone, di seta, di lana si intrecciano e raccontano storie di donne ma anche storie su temi storico-politici. L’amore per la natura la porta a fare confluire il tessuto con elementi della natura. ​
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